- 26 ottobre 2018
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Durante una riunione della forza vendita in una grossa concessionaria mi sono reso conto dell’accezione negativa che si è creata intorno alla parola LEAD. Sentivo parlare di lead management, di inserimenti del lead nel CRM, di lead freddi, di lead caldi, di follow up al lead, di lead engagement, di rispetto degli standard qualitativi nei tempi di risposta e mi son posto la domanda se forse dobbiamo fare un passo indietro e chiamarli come veramente andrebbero chiamati: potenziali clienti. Sembriamo tutti ossessionati nel creare processi di ingaggio che migliorino i numeri del Purchase Funnell aspirando ad un tasso di conversione lead in contratti che secondo gli esperti americani dovrebbe essere intorno al 13%, ma la mia deformazione professionale mi impone un quesito: che succede all’altro 87%? E se i lead o le lead rappresentano il 4 o 5% del traffico totale del sito, che succede agli altri?
Per anni abbiamo cercato di creare processi di vendita in salone che facessero sentire i nostri clienti benvenuti anche se erano in una prima visita esplorativa, introducendo Greeter, Expert, Genius e via dicendo, nel tentativo di far vivere un’esperienza di qualità ed emotiva che non limitasse il tutto alla registrazione del nominativo per la stesura del preventivo.
Tuttavia, le nuove tecnologie e la vita frenetica che conduciamo sta cambiando i nostri comportamenti d’acquisto e tendiamo a fare molte più cose online soprattutto nella fase di ricerca per risparmiare un bene ormai prezioso: il tempo libero. E allora il nostro salone virtuale dovrebbe seguire le stesse regole di quello reale: se quando ci fa visita in salone trattassimo un cliente con superficialità, se non illustrassimo la vettura con competenza ed entusiasmo e non spiegassimo finanziamenti e servizi con trasparenza il cliente non comprerebbe. Allo stesso modo il “lead” ci abbandonerebbe prima ancora di metterci piede in salone se non fossimo all’altezza delle sue aspettative.
Come possiamo dunque abbattere questa barriera di categorizzazione del lead e trattare chi ci visita online come un cliente vero e proprio?
Anche nei BDC la musica non cambia, sembra quasi che la parola lead sia associata a quella di un cliente di serie B e che se non riusciamo a portarlo in salone nessuno ne reclamerà la perdita.
Forse le tanto agoniate domande di qualifica dovrebbero essere rivolte a noi prima di alzare il telefono:
- Cosa sta facendo il cliente sul mio sito?
- Cosa sta cercando?
- Posso aiutarlo ulteriormente nella ricerca?
- Posso presentargli l’azienda?
Rispondere alle domande con trasparenza probabilmente li convincerà a farci visita, mentre fornire risposte evasive da approfondire in salone probabilmente li allontanerà.
La partita la vincerà quel concessionario che per primo avrà il coraggio di differenziarsi dagli altri.
Dobbiamo stimolarli, sorprenderli perchè gli acquirenti online sono acquirenti interessati. Acquirenti interessati sono acquirenti qualificati che hanno bisogno di un piccolo aiutino per diventare clienti.
Se pensiamo al salone, come valutiamo il comportamento di una persona se guarda più vetture magari facendoci domande sul nuovo, sul km0 e su un buon usato certificato? È un perditempo o ha semplicemente bisogno di un consulente che lo aiuti nella scelta?
Prima convinciamo chi interagisce con queste persone a trattarli come veri potenziali clienti qualificati prima modificheremo i nostri processi. Processi che come diciamo in The Academy non sono mai a compartimenti stagni ma sono tutti parte dell’esperienza d’acquisto che che vogliamo far vivere al cliente fin dal primo momento in cui decide che sia ora di cambiar vettura.