- 10 giugno 2017
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Partendo dal presupposto che ogni individuo è dotato di sistemi rappresentazionali della realtà, influenzati dalle persone con cui è entrato in contatto nel corso della sua vita, dalle esperienze e dai Media di massa che ne orientano il pensiero, possiamo facilmente affermare che un insieme di individui in un determinato momento storico, influenzati dai media, sviluppi un pensiero collettivo inteso come quell’insieme di valori, simboli e miti che informano le aspettative, orientano le priorità e guidano le scelte delle persone.
È il pensiero collettivo che produce stereotipi e luoghi comuni e condiziona in maniera importante le nostre vite e le nostre rappresentazioni della realtà, e oggi, nel villaggio globale, il luogo “fisico” dove questo pensiero si crea e si nutre è senza ombra di dubbio il web.
Un’indagine di Censis ha scattato un’interessante fotografia, rivelando che oggi in Italia, Il 75,2% degli italiani ha accesso a internet e di questi il 69,6% possiede uno smartphone ed utilizza WhatsApp (il 65,7%), Facebook (56,2%) e YouTube (49,6%), constatando di fatto l’affermazione di un nuovo modello di comunicazione orizzontale, dove chiunque abbia uno smartphone e una connessione a internet può produrre informazione, ridisegnando i riferimenti culturali collettivi e personalizzando l’uso dei mezzi di comunicazione.
Lo stesso rapporto evidenzia come per gli italiani Facebook oggi sia la seconda fonte di informazione dopo i telegiornali, prima di quotidiani (online e cartacei) e giornali radio.
La rivoluzione digitale in Italia quindi ha compiuto il suo corso e diffuso i nuovi modelli della comunicazione online anche nelle fasce adulte della popolazione, e il pensiero collettivo, l’opinione su qualunque cosa e chiunque viaggia sul web.
Senza entrare nel merito di una vicenda complessa, esempio emblematico di questi giorni che testimonia come il pensiero collettivo digitale degli italiani si stia evolvendo, è il caso del video dei dipendenti della filiale di una nota Banca di Castiglione delle Stiviere, in cui gli stessi dipendenti, capitanati in maniera istrionica dall’ormai celebre direttrice della filiale, si cimentano in un motivetto che in molti non riescono ancora a togliersi dalla testa: “Io ci sto. Ci metto la faccia, ci metto la testa, ci metto il mio cuore”.
La cosa molto interessante di questa vicenda, è stato proprio il pensiero collettivo che nel giro di 24 ore ha utilizzato i social network, dapprima per schernire i protagonisti, salvo poi auto calibrarsi, correggersi e chiedere scusa, non appena è uscita la notizia che la finalità con cui era stato realizzato era ad uso interno e non avrebbe dovuto essere divulgato; in questa occasione il pensiero collettivo digitale ha dimostrato un barlume (ancora in stato embrionale per carità…) di maturità e di evoluzione.
Le riflessioni dunque sono molteplici:
- L’Italia ha quindi completato il processo di digitalizzazione di massa
- La formazione del pensiero collettivo passa dal web, in particolare dai social network
- Tale pensiero collettivo si sta educando nel medium stesso e si evolverà con il passare del tempo
Poste queste riflessioni la domanda è: quanto nel mondo dell’auto siamo pronti a questi scenari?
Il presente ed il futuro prossimo del nostro settore passa prima di tutto da una presa di coscienza dell’esistenza di questo pensiero collettivo sui social che condivide valori, informa le aspettative, orienta le priorità e guida le scelte dei nostri clienti; ignorare questa evidenza e questi dati è davvero un peccato mortale.