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Millennials di qua, Millennials di là… ma se (in parte) ci stessimo sbagliando?

Alzi la mano chi di voi ancora non ha sentito parlare o letto almeno un articolo che parli di Millennials

  • 07 dicembre 2016
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Alzi la mano chi di voi ancora non ha sentito parlare o letto almeno un articolo che parli di Millennials … per quei pochi (forse pochissimi) che ancora non lo sanno “Millennials” è il termine coniato nei primi anni ’90 dagli studiosi William Strauss Neil Howe per definire le nuove generazioni, i nati più o meno a ridosso del millennio.

Intorno a questo termine ruotano negli ultimi anni ricerche, pubblicazioni, indagini, articoli, letteratura e chi più ne ha più ne metta, tutti i lavori utili a cercare di capire chi sono, cosa vogliono e cosa vorranno i consumatori, i lavoratori, gli individui del futuro prossimo.

Di loro si sa già molto, sono la generazione più vasta di sempre, 2,3 miliardi di individui, entro il 2020 rappresenteranno la metà della forza lavoro a livello globale e su di loro si scatenano le fantasie di chi si occupa di Marketing (altro termine abusato, forse meglio dire chi si occupa di strategia).

Ma non basta più. Oggi infatti si guarda già alla generazione successiva – segnatevi sin da ora il nome, si parlerà tanto di Generazione Z – i nati dal 2005 in poi, anche se il nome non è ancora ufficiale; USA today ha addirittura indetto un sondaggio per trovare loro un nome specifico (al momento è un testa a testa tra iGeneration e Generazione Wii – da brividi …).

Millennial2

l’analisi si faceva a posteriori; oggi giustamente si anticipa, ma qui si rischia di esagerare.

Porto alla vostra attenzione l’analisi condotta da Edenred-Ipsos sui Millennials nel mondo del lavoro in 15 paesi: tale indagine ha svelato che probabilmente, almeno in parte, ci sbagliamo a considerare i Millennials come individui “originali”, completamente diversi dalle precedenti generazioni venute su a “pane e TV”.

La ricerca svela infatti come gli under trenta appaiono già omologati e non si aspettano di rivoluzionare la realtà aziendale. Secondo quanto emerso la passione messa nel lavoro è simile, con una percentuale del 15% per i Millennials e del 13% per i Senior, così come per la motivazione (al 14% per i primi e all’11% per i secondi).

Neanche le aspettative sono condizionate dalla giovane età;  infatti l’importanza data alle opportunità di crescita è del 44% per i Millennials e del 39% per i loro colleghi più maturi. Altra sorpresa è poi che i Millennials non chiedano una struttura meno gerarchica; infatti solo l’8% di loro vorrebbe rivoluzionare la vita aziendale, così come il 7% per gli anziani e non spiccano neanche in tema di positività, dato che solo il 25% degli under 30 si sente rispettato dai propri manager e l’attenzione data alla formazione è presente solo per il 21% del campione.

Sempre in tema di positività (in questo caso di negatività), emerge che meno del 20% ritiene di lavorare in un ambiente stimolante e solo il 15% è soddisfatto dell’equilibrio tra lavoro e vita personale e solo il 21% dei rispondenti appare fiducioso per quanto riguarda la propria carriera.

Millennials di qua, Millennials di là … da questa indagine pare, in parte, una storia già vista.

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